Manteia è un prontuario illustrato che raccoglie storie, proverbi e canti di antica tradizione orale utilizzate nelle culture FON e YORUBA ( Africa Occidentale) per 𝐚𝐩𝐫𝐢𝐫𝐞 𝐮𝐧 𝐜𝐚𝐦𝐩𝐨 𝐝𝐢 𝐢𝐧𝐝𝐚𝐠𝐢𝐧𝐞 𝐬𝐮 𝐬𝐞 𝐬𝐭𝐞𝐬𝐬𝐢 𝐞 𝐬𝐮𝐥𝐥𝐞 𝐫𝐞𝐥𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐬𝐨𝐜𝐢𝐚𝐥𝐢 in contesti di sedute terapeutiche-divinatorie. Cucite in forme diverse, le parole e le immagini di MANTEIA si offrono al lettore come strumenti d'incontro creativo e giocoso, che, affrancando barriere di età, cultura ed esperienza, possono farci riflettere su
"𝐂𝐨𝐦𝐞 𝐩𝐨𝐬𝐬𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐯𝐢𝐯𝐞𝐫𝐞 𝐢𝐧𝐬𝐢𝐞𝐦𝐞?"
with:
Francesca Pedullà & Eric Acakpo
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Francesca Pedullà & Eric Acakpo
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Francesca Pedullà & Eric Acakpo
24-25 OTTOBRE
H. 15.00-17.30 | Bologna (IT)
Il Fa, è un archivio culturale di influenze indoeuropee, mediorientali e africane, è un compendio di favole, leggende, canzoni, metafore e riferimenti simbolici, nonché un metodo di divinazione, legato alla religione Vodun e praticato soprattutto dalle etnie Fon e Youruba. Il Fa è una chiave per comprendere i costumi e le visioni del mondo di molte culture africane moderne, collega il racconto, il canto e le sofisticate istruzioni morali a una struttura matematica che stimola la memoria e provoca la riflessione e la scoperta di sé.
LITOST
The otherness
di e con: Marianna Miozzo
testo di: Gabriele Dalla Barba
produzione e distribuzione: Artisti Drama
Litost-The Otherness è un progetto artistico nato dall’idea della danzatrice Marianna Miozzo di affrontare attraverso il linguaggio della danza contemporanea e della performance il tema del rapporto con l’altro.
L’attenzione dell’autrice è rivolta al confine sul quale si arrestano le possibilità di una comunicazione trasparente, diretta, e al limite strutturale su cui si apre la scena dell’incomunicabile.
Il lavoro su queste tematiche ha inevitabilmente aperto un numero consistente di articolazioni possibili, sia sul piano concettuale che su quello operativo. Di conseguenza, a una serie di riflessioni condotte durante l’ideazione e ad alcuni incontri prolifici con altri artisti si è deciso di lasciare al lavoro la libertà di osare e di sperimentare diversi registri, avvalendosi di importanti collaborazioni e intrecciando linguaggi differenti, in modo da dare all’ampiezza e alla complessità dell’argomento il giusto respiro.
Dopo una tournée in Palestina, luogo per eccellenza in cui si intrecciano le diversità e si verificano conflitti su quel confine che segna la separazione tra identità e alterità, l’artista ha deciso di utilizzare il muro come oggetto archetipico attorno al quale organizzare la riflessione e l’operazione artistica.
Il muro rappresenta in modo molto efficace la spinta ad evitare il confronto con le alterità che mettono in pericolo l’unificazione in una identità ideale (litost). E allo stesso tempo porta sempre con sé la possibilità di essere abbattuto, scavalcato, scritto, di compiere un atto che lo trasfiguri conducendoci alla prossimità liminare di un incontro. Dunque, nel percorso concettuale dell’artista il muro è prima un elemento che esprime l’assurdità insita nell’ordine di cose e si concede come metafora dello scarto, della distanza esistente tra due esseri umani, due popoli, tra il corpo e la parola, l’immagine e la materia... E diviene poi la dura faccia di una realtà inaggirabile, ma sulla quale non è possibile smettere di scrivere, di creare, di infrangere contro di esso la nostra potenza espressiva, l’energia del nostro corpo, l’atto del nostro desiderio di continuare a percorrere le fessurazioni nonostante l’impossibilità di attraversarlo completamente.
La parola che si indirizza ai muri
ha la proprietà di ripercuotersi.
I muri sono fatti per circondare un vuoto
- J. Lacan
cosa accade?